Che cosa è la Self-Compassion?

Molto spesso siamo portati ad avere compassione verso gli altri ed essere invece molto critici e severi verso noi stessi.

Compassione (dal lat. tardo compăti, comp. di cŭm ‘con’ e păti ‘patire’) significa patire, comunanza di dolore e prendere parte a sentimenti altrui. Diversamente dal concetto di pietà, che a volte può racchiudere un’accezione di spregio o un sentimento di superiorità, contempla un più ampio respiro.

Sostanziale è anche rimuovere il giudizio, il quale impedisce di vedere la situazione nella sua totalità, tenendo sempre a mente la condivisione dell’umana fragilità.
Andando per ordine sarà il caso di iniziare a prenderci cura prima di noi stessi, condizione necessaria di raccordo con gli altri come sottolinea il pensiero filosofico buddhista, anche perché potrebbe essere difficile poter offrire aiuto ad un’altra persona.

Nella self-compassion, concetto antitetico all’autocommiserazione, è basilare riconoscere la responsabilità dei propri sbagli, rimorsi e fallimenti, servendosi di un ponte per passare dal giudizio all’osservazione e toccare la sofferenza dentro di noi.

Nel suo libro sulla self-compassion, la psicologa e ricercatrice americana Kristin Neff, che da tempo si occupa di questa tematica, descrive questa area di applicazione della consapevolezza come la risultante di tre abilità di base, di seguito citate:

  1. la capacità di trattarsi con gentilezza, comprensione e perdono, piuttosto che con severa auto-critica;
  2. la capacità di vedere le proprie esperienze negative e i propri difetti come aspetti condivisi dell’esperienza umana, piuttosto che come elementi “anormali”, di separazione ed isolamento dagli altri;
  3. la capacità di affrontare e contenere le proprie emozioni e pensieri dolorosi con consapevolezza, piuttosto che con iper-coinvolgimento ed identificazione con esse.

Il criterio della metodologia è quello della Terapia Focalizzata sulla Compassione (TFC), venuta alla luce all’interno delle terapie cognitivo-comportamentali.
“Il potere dell’essere gentili con sè stessi”, frase cardine del libro prima citato, ci aiuta a riflettere quanto sia distruttivo l’autoflagellarsi in quelle situazioni dove abbiamo fallito o semplicemente sbagliato.
Rinunciare un poco alla volta alla tendenza di giudicare e giudicarci, al fine di mitigare emozioni, mente e spirito.
Quando confortiamo un amico o un’altra persona, cerchiamo di trovare le parole più gentili, più calorose, per migliorare la sua autostima e dargli la possibilità di sfogarsi senza ricevere nessuna sentenza.

Perché quando incontriamo la sofferenza degli altri apriamo il nostro cuore e invece, quando si tratta di noi stessi, lo imbavagliamo senza dare spazio all’autocomprensione?

Bisogna avere degli strumenti idonei per rielaborare emozioni e sentimenti che possono essere per noi stessi devastanti e contestualmente, interrompere l’accanimento di rumori mentali che rischiano di creare un caos interno. Di fondo è necessario calmare e gestire il dolore causato da queste emozioni.

Succede a tutti di “cadere”, ma è importante rialzarsi.
Troppa autocritica rischia di cristallizzare una determinata condizione, precludendo le possibilità di soluzione per poter cambiare e riuscire ad esprimere situazioni emozionali più salutari.

Campi di applicazione
 per la self-compassion sono praticamente tutti gli ambiti della vita quotidiana: la resilienza emotiva, le relazioni sociali, la genitorialità.
Efficace anche nel trattamento dei disturbi da stress post traumatico.
Risulta, inoltre, utile alleata nel trattamento dei problemi alimentari, per migliorare il rapporto col proprio corpo e ridurre colpa e autocritica, lavorando sulla capacità di auto-accettarsi incondizionatamente accogliendo tutte le parti di noi stessi per come sono.

Uno degli elementi della self-compassion è la pratica della mindfulness, che vede come suo intento principale il raggiungimento di un grado di consapevolezza per ricentrare l’attenzione piena e viva, il favorire la contezza del proprio stato mentale, l’agevolare una maggiore capacità di accoglimento, disponibilità e rispetto verso sè stessi.
Crea inoltre un terreno fertile nella cura della nostra sofferenza per riuscire a trasformarla. Importante è porre una nuova pietra per costruire una nuova comunicazione e ritrovare una riconciliazione alla felicità.

Una fase di grande popolarità nell’ambito della mindfulness, la sta avendo anche la Mindful Eating (mangiare consapevolmente) che ha il potere di ingrandire la visione di presa di coscienza dell’esperienza del cibo, per migliorare l’immagine corporea e per disturbi meno visibili dall’esterno, come il Binge Eating Disorder e nel promuovere migliori comportamenti alimentari aiutando ad avere un rapporto più naturale con il cibo e con il corpo. Leggi l’articolo sulla Mindful Eating.

“Take care of yourself”.

 


 

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