La Sudden Infant Death Syndrom (SIDS), meglio conosciuta come “morte in culla”, è definita come “la morte improvvisa ed inaspettata di un bambino di età inferiore a 12 mesi che si verifica durante il sonno e che resta priva di spiegazione dopo un’attenta analisi del caso che comprende l’effettuazione di un’autopsia completa, la revisione delle circostanze del decesso e la valutazione della storia clinica della vittima”.
Non catalogabile come malattia, è bensì un doloroso e drammatico evento, un fenomeno ancora rimasto incomprensibile.
Essendo l’eziologia ancora sconosciuta, si ipotizzano diverse cause, tra cui:
- problematiche legate a dei neurotrasmettitori, che impediscono al neonato di svegliarsi in situazioni di pericolo, come quando assume troppo poco ossigeno;
- processi maturativi che sono ancora fortemente instabili;
- componenti di fattori genetici cardiaci che possono entrare in gioco;
- fattori ambientali, come il tabagismo materno;
- la prematurità.
Dal punto di vista epidemiologico, si può notare che questa problematica si manifesta soprattutto nel primo anno di età, con un picco di incidenza tra i due e i quattro mesi. Le statistiche riportano che tali episodi sono più frequenti in bambini di sesso maschile.
E’ una morte che si manifesta in maniera repentina, durante il sonno. Apparentemente il bambino impallidisce e muore, indipendentemente dal singolo momento della giornata o della notte, e a prescindere da dove si trovi a fare il riposino.
Non esistono dati nazionali precisi sull’incidenza del fenomeno in Italia, ma al momento è stimabile attorno allo 0,5-1%, (ISS 2021) ovvero 250/300 nuovi casi SIDS/anno.
La morte di un bambino partorito da poco getta la famiglia in uno stato di grande disperazione. “Biologicamente” il corpo della madre è ancora predisposto al prendersi cura, all’assistenza e magari all’allattamento del neonato, ma rimane tutto ad un tratto senza oggetto. E’ un’esperienza di dolore totale, che difficilmente si può comprendere fino in fondo. Momenti di depressione e rabbia si alternano a sensi di colpa e si aggiunge un’immensa tristezza per una vita venuta a mancare troppo presto.
Sebbene, appunto, le cause non siano note, sono state tuttavia evidenziate delle correlazioni con alcune situazioni, sulla base delle quali il Ministero della Salute ha individuato dei comportamenti in grado di ridurre sensibilmente l’incidenza della Sids:
- il bambino deve essere messo a dormire in posizione supina (a pancia in su) sin dai primi giorni di vita;
- La temperatura dell’ambiente dove dorme il bambino non dovrebbe mai essere eccessivamente calda (andrebbe mantenuta tra i 18 e i 20 °C) ed è da evitare anche l’eccesso di vestiti e coperte. L’associazione tra eccesso di calore e SIDS è particolarmente evidente nei bambini che dormono in posizione prona;
- il materasso dovrebbe essere della misura esatta della culla/lettino e sufficientemente rigido e andrebbe evitato l’uso del cuscino: porre il bambino su superfici eccessivamente morbide (anche trapunte) aumenta il rischio di SIDS. Utile il “sacco nanna” che può rappresentare una valida alternativa. Inoltre, sulla superficie dove il bambino dorme, non dovrebbero esserci oggetti (es. cuscini, trapunte, piumini, paracolpi, giocattoli di peluche, piccoli giochi) che possono soffocare, intrappolare, strangolare, ferire il bambino;
- il bambino dovrebbe dormire nella stanza dei genitori, vicino al loro letto, ma su una superficie separata (culla o lettino).
- la condivisione del letto dei genitori (bed-sharing) non è la scelta più sicura (può portare ad un aumento del rischio di SIDS nei primi mesi), ed è particolarmente pericolosa se viene praticata su un divano, se i genitori sono fumatori, hanno fatto uso di alcol, farmaci, sostanze psicoattive o per altre ragioni non sono in buone condizioni di vigilanza (es. stanchezza), nelle prime settimane di vita del bambino o se questo è nato pretermine o piccolo per l’età gestazionale;
- l’ambiente deve essere libero dal fumo;
Se si dà priorità alla sicurezza sul bed-sharing, il Prof. James J. McKenna, antropologo e Direttore del Laboratorio del Sonno materno-infantile, autore di molte pubblicazioni sul sonno infantile, allattamento materno e sulla SIDS, la pensa in maniera diversa. Egli afferma che con le dovute attenzione, questa usanza dà modo alle madri di rispondere ai bisogni dei loro piccoli in maniera più efficace, specialmente se non sono in grado di esprimersi verbalmente. Quello del neonato non è un semplice riposino quotidiano, infatti il Prof. McKenna sottolinea: “durante il sonno ha luogo ogni genere di processo fisico e neurologico, tra cui lo sviluppo di interconnessioni tra nuove cellule. In questo lasso di tempo il cervello sceglie quante e quali cellule cerebrali (responsabili dello sviluppo intellettivo, emotivo e psicologico) conservare e quali, al contrario, tagliare. I giovani encefali dei neonati umani necessitano di ridurre la richiesta di nutrienti avanzata dalle cellule che appaiono poco utilizzate, in modo da indirizzare tali nutrienti alle cellule che lo sono di più. Senza la stimolazione esercitata dal contatto ed alle interazioni – madre bambino tra cui gli scambi sensoriali notturni – le cellule cerebrali neonatali rischiano di essere perse per sempre.”
Molto importante è la comunicazione reciproca, che avviene nella “danza notturna” tra madre e bambino attraverso i sensi: il tatto, l’olfatto, l’udito e il gusto.
Il bed-sharing non compromette l’indipendenza e l’autonomia del bambino, al contrario alcuni studi hanno riscontrato un’indipendenza sociale e psicologica maggiore, unita ad una buona attitudine alla capacità di stare da soli.
Un discorso a parte è il neonato prematuro, il quale è preferibile farlo dormire accanto al lettone, ma su una superficie separata. Si deve privilegiare il contatto pelle a pelle, che è di estrema importanza durante la veglia.
Il sonno condiviso nel divano, invece si è dimostrato non sicuro e molto difficile da mettere in sicurezza.
È totalmente sconsigliato mettere un bambino a dormire in un’altra stanza che non sia quella dei genitori, perché raddoppierebbe il rischio di SIDS.
Infine, se la condivisione del letto non è la soluzione migliore per qualche famiglia, un’ottima alternativa è l’utilizzo di accessori, come ad esempio, una cesta da porre nel mezzo del lettone, per evitare di schiacciare il piccolo durante la notte.
Se pensi di aver bisogno di aiuto psicologico non esitare a rivolgerti alla Dott.ssa Simona Baronessa a Roma oppure on-line.